Emilia-Romagna
Acque superficiali DATI 2021

Acque superficiali

faccina seria

AZOTO NITRICO: OBIETTIVO DI QUALITA' "BUONO" NEL 45% DEI BACINI FLUVIALI 
Nei corsi d’acqua regionali si registrano, nel 2021, alcune situazioni di criticità legate alla presenza di azoto nitrico in concentrazioni rilevanti, in particolare nelle aste: Cornaiola, Chiavenna, Cavo Fontana, Rubicone, Uso e Melo (con valori medi annui superiori a 5 mg/l – stato “cattivo” limitatamente alla concentrazione di azoto nitrico). Per effetto dei crescenti apporti inquinanti di origine prevalentemente diffusa, la presenza di azoto nitrico nelle acque aumenta spostandosi dalle zone pedemontane, dove è rispettato quasi ovunque il valore soglia di “buono”, verso la pianura, dove si riscontrano concentrazioni maggiori, seppure con differenze anche significative tra i diversi bacini idrografici. Il 45% dei bacini regionali raggiunge, anche in chiusura idrografica, l’obiettivo di qualità “buono” rispetto alla concentrazione di azoto nitrico.



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FOSFORO TOTALE: OBIETTIVO DI QUALITA' "BUONO" NEL 43% DEI BACINI FLUVIALI 
Tra i bacini fluviali regionali, nel 2021, si osservano alcune situazioni di attenzione legate alla presenza di fosforo in concentrazioni rilevanti. Le maggiori criticità, con valori medi di fosforo maggiori di 0,4 mg/l (stato ”pessimo” limitatamente alla concentrazione di fosforo), sono limitate a poche chiusure di bacino, Cornaiola, Sissa Abate, Crostolo, Rubicone e Marecchia, aste con assenza di veri bacini montani e quindi con deflussi idrici estremamente esigui. Spostandosi da monte verso la pianura, le concentrazioni di fosforo tendono ad aumentare in modo significativo, per la presenza di fonti di pressione puntuali rilevanti rispetto alla portata del corso d’acqua recettore. Nella maggior parte dei bacini regionali, tuttavia, si osserva che la soglia obiettivo di “buono” è rispettata nella quasi totalità delle stazioni pedemontane e nel 43% delle stazioni di chiusura idrografica.

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STATO ECOLOGICO "BUONO" NEL 30% DEI CORPI IDRICI FLUVIALI 
Al termine del sessennio di monitoraggio 2014-2019, realizzato ai sensi della Direttiva quadro sulle acque, lo stato ecologico “buono” è raggiunto nel 30% dei corpi idrici fluviali dell’Emilia-Romagna, corpi idrici situati, di norma, nelle aree appenniniche e pedecollinari a bassa o compatibile antropizzazione. 

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STATO CHIMICO "BUONO" NEL 89% DEI CORPI IDRICI FLUVIALI
Lo stato chimico nel sessennio 2014-2019 è risultato “buono” per la grande maggioranza dei corpi idrici fluviali; solo in una modesta percentuale (11%) di corpi idrici si è rilevato il superamento degli standard di qualità ambientale fissati dalla normativa rispetto agli inquinanti appartenenti all’elenco di priorità.

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STATO CHIMICO "BUONO" NEL 100% DEGLI INVASI, 60% PER LO STATO ECOLOGICO
Al termine del sessennio di monitoraggio 2014-2019, la classificazione dello stato chimico evidenzia il raggiungimento dell’obiettivo di qualità “buono” nel 100% degli invasi dell’Emilia-Romagna; nello stesso periodo, lo stato ecologico raggiunge l'obiettivo di qualità "buono" nel 60% degli invasi.

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CONFORME IL 100% DEGLI IMPIANTI DI DEPURAZIONE CIVILE  
In Emilia-Romagna, al 31/12/2018, sono stati censiti 2.027 impianti di depurazione delle acque reflue urbane con diverse tipologie di trattamento, dalle più semplificate a quelle più complesse. Complessivamente, tali impianti hanno una potenzialità di progetto di circa 8,25 milioni di AE e risultano trattati oltre 5,6 milioni di AE. Il 100% degli impianti di trattamento, al servizio degli agglomerati di consistenza superiore o uguale a 2.000 AE (205 agglomerati serviti da 216 impianti di depurazione), è risultato conforme a quanto previsto dal DLgs 152/06. La percentuale degli AE serviti da rete fognaria in Emilia-Romagna si attesta su valori molto alti (circa il 99%), mentre la percentuale di AE depurati da impianti di trattamento delle acque reflue urbane è pari a oltre il 98%.

  

Sintesi

Dall’analisi dei dati relativi allo stato ecologico emerge che, nel sessennio di monitoraggio 2014-2019, realizzato ai sensi della Direttiva quadro sulle acque in Emilia-Romagna, gran parte dei corpi idrici fluviali ha raggiunto ha raggiunto l’obiettivo di qualità “buono” nelle zone appenniniche e pedecollinari, con condizioni poco o moderatamente alterate rispetto a quelle di riferimento naturale, a differenza delle aree di pianura in cui prevalgono invece corpi idrici artificiali o fortemente modificati. Nel periodo 2014-2019, la ripartizione percentuale in classi di stato ecologico dei corpi idrici fluviali regionali è stata: 2% elevato, 28% “buono”, 39%  “sufficiente”, 29% “scarso” e 2% “cattivo”. 
Per i corpi idrici lacustri (invasi), nel sessennio 2014-2019, si raggiunge una valutazione di potenziale ecologico “buono e oltre” nei bacini di Suviana, Brasimone e Ridracoli, mentre Molato e Mignano sono valutati in stato “sufficiente”. La valutazione della classificazione, attestata allo stato “sufficiente”, è causata dalla presenza di fosforo in concentrazioni elevate. 

Lo stato chimico, definito dall’eventuale presenza nelle acque di sostanze prioritarie, nel sessennio 2014-2019 è risultato “buono” per la grande maggioranza dei corpi idrici fluviali; solo in una modesta percentuale (11%) di corpi idrici si è rilevato il superamento degli standard di qualità ambientale fissati dalla normativa (DM 260/2010 e DLgs 172/15), con particolare riferimento ad IPA, Nichel, Di(2-etilesilftalato)(DEHP), Difenileteri bromati (PBDE sommatoria congeneri), sostanze di largo utilizzo nei processi industriali e/o ritenute ubiquitarie e persistenti nell’ambiente.
La ricerca dei composti perfluoroalchilici, attivata in Emilia-Romagna dal 2018 e ampliata dal 2021 ad un maggiore numero di composti rispetto a quelli normati, ha inoltre permesso di rilevare, in diversi bacini idrografici, la presenza di Acido perfluorottansolfonico (PFOS), per il quale, al momento, è prevista una classificazione separata in quanto di nuova introduzione in normativa con obiettivo al 2027.
Per tutti i corpi idrici lacustri, nel sessennio 2014-2019, si conferma una valutazione di stato “buono”, nonostante la nuova normativa DLgs 172/15, di recepimento della Direttiva 2013/39/CE, abbia introdotto standard più restrittivi per alcune sostanze, con valutazione anche della biodisponibilità. Dal 2018 è stata avviata la ricerca dei composti perfluoroalchilici senza rilevarne la presenza in termine di superamento dello SQA-MA. 

Dal punto di vista della distribuzione territoriale, per effetto dei crescenti apporti inquinanti di origine prevalentemente diffusa, la presenza di azoto nitrico nelle acque tende ad aumentare spostandosi dalle zone montane e pedemontane, dove si osservano concentrazioni buone od ottimali, verso la pianura, dove si riscontra, generalmente, un peggioramento della qualità, seppure con differenze anche significative tra i diversi bacini idrografici. In particolare, nel 2021, in pianura è rispettato il valore soglia di “buono” nella chiusura di valle dei bacini: Tidone, Trebbia, Nure, Taro, Secchia, Panaro, Po di Volano, Reno, Lamone, Candiano, Fiumi Uniti, Bevano, Savio, Marano e Conca, mentre si registrano ancora situazioni di decisa criticità in Cornaiola, Chiavenna, Cavo Fontana, Rubicone, Uso e Melo (con valori medi annui superiori a 5 mg/l – stato “cattivo” limitatamente alla concentrazione di azoto nitrico). Rispetto al singolo macrodescrittore, azoto nitrico, la classificazione delle acque in chiusura di bacino idrografico mostra che l’8% dei bacini ricade nel Livello 1, il 37% nel Livello 2, il 29% nel Livello 3, il 9% nel Livello 4 e il 17% nel Livello 5, da cui deriva che, rispetto alla concentrazione di azoto nitrico, il 45% dei bacini idrografici regionali raggiunge l’obiettivo di qualità “buono”. 

Dal punto di vista della distribuzione territoriale, per effetto dei crescenti apporti inquinanti, le concentrazioni di fosforo nelle acque tendono ad aumentare da monte verso valle; ciò accade principalmente nei bacini dove incidono fonti di pressione puntuale rilevanti rispetto alla portata del corso d’acqua recettore, come in alcuni torrenti minori o nei principali canali artificiali di pianura, che appaiono maggiormente impattati. Nella maggior parte dei bacini regionali, tuttavia, si osserva che la soglia obiettivo di “buono” per il fosforo, ricavata dall’indice LIMeco (0,10 mg/l), nel 2021, è quasi sempre rispettata sia nelle stazioni di bacino pedemontano, sia nelle stazioni di pianura, come accade per Bardonezza, Tidone, Trebbia, Nure, Taro, Enza, Secchia, Canal Bianco, Reno, Lamone, Fiumi Uniti, Savio, Uso, Marano e Conca, che presentano, anche in chiusura idrografica, un livello di fosforo “buono” o talvolta perfino “elevato”. Le situazioni di grave criticità, legate al superamento della quinta soglia di 0,40 mg/l, sono limitate a poche chiusure di bacino, quali Cornaiola, Sissa Abate, Crostolo e Rubicone e Marecchia, aste con assenza di veri bacini montani e, quindi, con deflussi idrici estremamente esigui. Rispetto al singolo macrodescrittore fosforo totale, la classificazione delle acque in chiusura di bacino idrografico mostra che il 14% rientra nel Livello 1, il 29% nel Livello 2, il 29% nel Livello 3, il 14% nel Livello 4 e il 14% nel Livello 5, da cui deriva che, rispetto alla concentrazione di fosforo totale, il 43% dei bacini idrografici regionali raggiunge l’obiettivo di qualità “buono”.

Quadro Generale

Il monitoraggio delle acque superficiali in Emilia-Romagna è attivo dal 2009, prima ai sensi del DLgs 152/99, quindi, a partire dal 2010, ai sensi della Direttiva 2000/60/CE, che si configura come una legge quadro per le acque (Water Framework Directive).  Tale Direttiva è stata recepita dall’Italia con il DLgs 152/06 seguito dal decreto attuativo DM 260/10 che riporta i criteri tecnici per la classificazione dello stato dei corpi idrici.
Nel 2013 viene emanata una nuova Direttiva, a modifica della 2000/60/CE, a tema sostanze prioritarie, la 2013/39/CE, recepita in Italia, dopo due anni dall’emanazione con il DLgs 172/15, tale ritardo è stato oggetto, per il nostro paese, di procedura d’infrazione.
L’Art.1 della Direttiva chiarisce subito quali sono gli obiettivi che si vogliono raggiungere:
- prevenire l’ulteriore deterioramento, proteggere e migliorare lo stato degli ecosistemi acquatici e delle zone umide associate;
- promuovere un utilizzo sostenibile dell’acqua basato sulla protezione a lungo termine delle risorse idriche disponibili;
- assicurare la progressiva riduzione dell’inquinamento delle acque sotterranee e prevenire il loro ulteriore inquinamento;
- contribuire a mitigare gli effetti delle inondazioni e della siccità.
La Direttiva introduce due significativi cambiamenti riguardo la gestione degli ambienti acquatici:
1) la definizione di obiettivi ecologici per proteggere e risanare la struttura e la funzione degli ecosistemi acquatici e, di conseguenza, salvaguardare l’uso sostenibile delle risorse idriche, a differenza delle precedenti legislazioni europee che miravano a proteggere particolari usi dell’ambiente acquatico dagli effetti dell’inquinamento;
2) un nuovo modello per la gestione integrata delle acque sotterranee, fiumi, canali, laghi, bacini artificiali, acque di transizione e marino costiere, definiti ora come Distretti Idrografici.
Per ciascun distretto idrografico è prevista la predisposizione di un Piano di Gestione (PdG), cioè di uno strumento conoscitivo, strategico e operativo attraverso cui pianificare, attuare e monitorare le misure per la protezione, risanamento e miglioramento dei corpi idrici superficiali e sotterranei, favorendo il raggiungimento degli obiettivi ambientali previsti dalla Direttiva. Obbligo per i paesi membri era il raggiungimento, e il successivo mantenimento, al 2015 (data ora posticipata al 2027), per tutti i corpi idrici, dello stato “buono” e la garanzia del mantenimento dello stato “elevato” per i corpi Idrici già in possesso di questo stato.
I materiali elaborati per l’individuazione dei corpi idrici, comprensivi di cartografia, sintesi delle metodologie adottate e risultati conseguiti, erano stati formalmente deliberati dalla Regione Emilia-Romagna (DGR 350/2010) e sono diventati parte integrante nei primi cicli dei PdG 2010-2015.
In data febbraio 2010 è stato adottato il primo Piano di Gestione del distretto idrografico del fiume Po (PdGPo), sostanzialmente aggiornamento con il successivo Piano di Gestione 2015. Questo secondo Piano fornisce una prima analisi del recente DLgs 172/2015, che recepisce la direttiva 2013/39/UE e che riguarda i monitoraggi delle sostanze prioritarie e la classificazione dello stato chimico dei corpi idrici.
In data 21 dicembre 2018 è stato avviato il processo di aggiornamento del nuovo Piano di Gestione del Distretto Idrografico del fiume Po, che terminerà, dopo 3 anni, a dicembre 2021.

La Direttiva Quadro apporta una profonda innovazione in ambito di controllo ambientale dei corsi d’acqua superficiali, valutandoli come ecosistemi, e individuando tutte le possibili alterazioni indotte dalle attività antropiche, attraverso lo studio della loro integrità ecologica rappresentata, quest’ultima, dall’integrità biologica, chimica e fisica. L’integrità biologica di un ecosistema è la sua capacità di sostenere una comunità biologica ricca e bilanciata in composizione e organizzazione funzionale, che presenti diversità e tolleranza, i principi cioè che la Direttiva richiede nella valutazione degli indici di qualità ricavati dallo studio delle comunità biologiche. Le comunità biologiche sono rappresentate da produttori, fitobentos fitoplancton e macrofite, e consumatori, come macroinvertebrati bentonici e popolazione ittica. Ognuna di queste comunità produce risposte a pressioni diverse.
Gli esiti dei monitoraggi biologici sono espressi attraverso un rapporto ricavato dal confronto tra i valori espressi dalle comunità presenti in ambienti inalterati (siti di riferimento) e quelli ricavati dall’ambiente in osservazione. La classificazione dello stato del corpo idrico è data dall’integrazione dello stato ecologico (monitoraggio biologico, parametri chimico-fisici e inquinanti specifici), con lo stato chimico derivante dalla presenza di sostanze prioritarie. 
Per quanto riguarda le analisi dei parametri chimici, i protocolli analitici sono rivisti e aggiornati in funzione dei risultati ottenuti, della dimostrata presenza/assenza di specifici gruppi di sostanze e dello studio delle pressioni; è possibile applicare una riduzione delle frequenze di campionamento in relazione ai diversi livelli di criticità evidenziati.
Il DM 260/2010, aggiornato dal DLgs 172/2015, che introduce nuovi microinquinanti, oltre alla matrice biota, prevede un ampio ventaglio di inquinanti, fitofarmaci e altri microinquinanti organici e inorganici, da monitorare con standard di qualità estremamente bassi, che richiedono, per garantire il rispetto delle prestazioni minime richieste, un'attività analitica molto complessa e onerosa.
Per ottimizzare, quindi, il monitoraggio chimico, sono stati condotti approfondimenti per valutare quali inquinanti chimici sia opportuno ricercare sul territorio regionale, a partire dalle informazioni disponibili in termini di dati di qualità pregressi e di analisi delle pressioni incidenti sul corpo idrico sotteso dalla stazione.
Analisi condotte a livello di bacino idrografico permettono di effettuare alcune considerazioni; ad esempio, se in chiusura di bacino montano non è stata riscontrata presenza di sostanze chimiche prioritarie, è ragionevole estendere il concetto ai corpi idrici afferenti al bacino sotteso dalla stazione, soprattutto se situati in contesti montani e/o poco antropizzati.
Pertanto, si è mantenuto un controllo capillare per gli inquinanti che possono dare luogo a inquinamento diffuso (fitofarmaci, metalli pesanti, composti organo alogenati, IPA), mentre per altri microinquinanti organici sono state condotte valutazioni costi/benefici, prendendo in esame pressioni possibili, casistica di impiego e impegno analitico; sono state quindi scelte specifiche stazioni di monitoraggio situate in chiusura di bacino e dei principali sottobacini, in particolare, ad esempio, per cloroalcani, difeniletere bromato (PBDE), nonil/ottil fenolo, cloroaniline, clorobenzeni, cloronitrotolueni e clorofenoli (sorgenti puntuali).
Già dopo il primo ciclo di monitoraggio, sulla base degli esiti dello stesso, è stato possibile rivedere i protocolli analitici e le frequenze di monitoraggio, con programmi sempre più mirati.
Anche per quanto riguarda i fitofarmaci, la scelta dei principi attivi da ricercare si basa sul potenziale rischio di contaminazione delle acque; la valutazione dei dati del monitoraggio, condotto in un arco di tempo significativo, può dare indicazioni riguardo alla maggiore o minore ricorrenza delle sostanze attive nelle acque e, unitamente all’analisi di altri indici, quali ad esempio l’indice di priorità e le caratteristiche fisico-chimiche della sostanza attiva, orientare la scelta del protocollo analitico da applicare.

Bibliografia

  • 1. Arpa Emilia-Romagna (2021), "Report acque fluviali 2014-2019" (a cura di Daniela Lucchini e Silvia Franceschini)
  • 2. Arpa Emilia-Romagna (2021), "Report sullo stato dei corpi idrici lacustri 2014-2019" (a cura di i Daniela Lucchini e Gisella Ferroni)
  • 3. Decreto n.152 del 3 aprile 2006, "Norme in materia ambientale" - Parte III - Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall'inquinamento e di gestione delle risorse idriche
  • 4. Decreto n. 131 del 16 giugno 2008, "Regolamento recante i criteri tecnici per la caratterizzazione dei corpi idrici (tipizzazione, individuazione dei corpi idrici e analisi delle pressioni)"
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Autori

  • Daniela LUCCHINI (ARPAE E.R. - DIREZIONE TECNICA)
  • Silvia FRANCESCHINI (ARPAE E.R. - AREA PREVENZIONE AMBIENTALE OVEST)
  • Gisella FERRONI (ARPAE E.R. - DIREZIONE TECNICA)
  • Gabriele BARDASI (ARPAE E.R. - DIREZIONE TECNICA)
  • Emanuele DAL BIANCO (ARPAE E.R. - DIREZIONE TECNICA)
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