Emilia-Romagna
Acque superficiali
Sintesi


Dall’analisi dei dati relativi allo stato ecologico emerge che, nel sessennio di monitoraggio 2014-2019, realizzato ai sensi della Direttiva quadro sulle acque in Emilia-Romagna, gran parte dei corpi idrici fluviali ha raggiunto ha raggiunto l’obiettivo di qualità “buono” nelle zone appenniniche e pedecollinari, con condizioni poco o moderatamente alterate rispetto a quelle di riferimento naturale, a differenza delle aree di pianura in cui prevalgono invece corpi idrici artificiali o fortemente modificati. Nel periodo 2014-2019, la ripartizione percentuale in classi di stato ecologico dei corpi idrici fluviali regionali è stata: 2% elevato, 28% “buono”, 39%  “sufficiente”, 29% “scarso” e 2% “cattivo”. 
Per i corpi idrici lacustri (invasi), nel sessennio 2014-2019, si raggiunge una valutazione di potenziale ecologico “buono e oltre” nei bacini di Suviana, Brasimone e Ridracoli, mentre Molato e Mignano sono valutati in stato “sufficiente”. La valutazione della classificazione, attestata allo stato “sufficiente”, è causata dalla presenza di fosforo in concentrazioni elevate. 

Lo stato chimico, definito dall’eventuale presenza nelle acque di sostanze prioritarie, nel sessennio 2014-2019 è risultato “buono” per la grande maggioranza dei corpi idrici fluviali; solo in una modesta percentuale (11%) di corpi idrici si è rilevato il superamento degli standard di qualità ambientale fissati dalla normativa (DM 260/2010 e DLgs 172/15), con particolare riferimento ad IPA, Nichel, Di(2-etilesilftalato)(DEHP), Difenileteri bromati (PBDE sommatoria congeneri), sostanze di largo utilizzo nei processi industriali e/o ritenute ubiquitarie e persistenti nell’ambiente.
La ricerca dei composti perfluoroalchilici, attivata in Emilia-Romagna dal 2018 e ampliata dal 2021 ad un maggiore numero di composti rispetto a quelli normati, ha inoltre permesso di rilevare, in diversi bacini idrografici, la presenza di Acido perfluorottansolfonico (PFOS), per il quale la norma prevede, temporaneamente, una classificazione separata, in quanto di nuova introduzione in normativa con obiettivo al 2027.
Per tutti i corpi idrici lacustri, nel sessennio 2014-2019, si conferma una valutazione di stato “buono”, nonostante la nuova normativa DLgs 172/15, di recepimento della Direttiva 2013/39/CE, abbia introdotto standard più restrittivi per alcune sostanze, con valutazione anche della biodisponibilità. Dal 2018 è stata avviata la ricerca dei composti perfluoroalchilici senza rilevarne la presenza in termine di superamento dello SQA-MA. 

Per quanto riguarda la presenza di azoto nitrico nelle acque superficiali fluviali, nel 2023, in pianura, è rispettato il valore soglia di “buono” nella chiusura di valle dei bacini: Trebbia, Taro, Enza, Secchia, Reno, Lamone, Candiano, Savio e Conca; si registrano, invece, ancora situazioni di decisa criticità in Cornaiola, Destra Reno, Uso e Melo (con valori medi annui superiori a 5 mg/l – stato “cattivo” limitatamente alla concentrazione di azoto nitrico).
Rispetto al singolo macrodescrittore, azoto nitrico, la classificazione delle acque in chiusura di bacino idrografico mostra che il 9% dei bacini ricade nel Livello 1, il 18% nel Livello 2, il 32% nel Livello 3, il 29% nel Livello 4 e il 12% nel Livello 5, da cui deriva che, rispetto alla concentrazione di azoto nitrico, il 27% dei bacini idrografici regionali raggiunge l’obiettivo di qualità “buono”.
Nel complesso, delle 179 stazioni della rete regionale monitorate nel 2023, si rileva una distribuzione percentuale in classi di qualità, rispetto alla concentrazione di azoto nitrico, così ripartita: 17% in classe 1 (elevato), 25% in classe 2 (buono), 29% in classe 3 (sufficiente), 20% in classe 4 (scarso) e 9% in classe 5 (cattivo). Il valore soglia definito per l’obiettivo di qualità di “buono” è rispettato nel 42% delle stazioni regionali, contro il 56% raggiunto nel 2022, il 57% nel 2021, il 56% nel 2020, il 48% nel 2019, il 51% nel 2018. Da sottolineare, inoltre, come alle variazioni riscontrate contribuisca anche il regime delle precipitazioni, che può influenzare l’intensità dei fenomeni di dilavamento e trasporto in acqua superficiale (il 2021 e 2022 sono stati anni molto secchi; nel 2023, a periodi siccitosi prolungati si sono alternati alcuni eventi piovosi, anche intensi, come quello di maggio in Romagna). Si segnala inoltre la sostituzione periodica di parte delle stazioni di monitoraggio all’interno dei cicli di programmazione della rete regionale (2020; 2023).

Infine, nella maggior parte dei bacini regionali, si osserva che la soglia obiettivo di “buono” per il fosforo, ricavata dall’indice LIMeco (0,10 mg/l), nel 2023, è quasi sempre rispettata sia nelle stazioni di bacino pedemontano, sia nelle stazioni di pianura, come accade per Bardonezza, Tidone, Trebbia, Nure, Taro, Reno, Lamone, Fiumi Uniti, Savio, Uso, Marano e Conca, che presentano, anche in chiusura idrografica, un livello di fosforo “buono” o, in alcuni casi, perfino “elevato”. Le situazioni di grave criticità, legate al superamento della quinta soglia di 0,40 mg/l, sono limitate a poche chiusure di bacino, quali Cornaiola, Sissa Abate, Crostolo, Rubicone e Marecchia, aste con assenza di veri bacini montani e quindi con deflussi idrici estremamente esigui. Rispetto al singolo macrodescrittore fosforo totale, la classificazione delle acque in chiusura di bacino idrografico mostra che il 9% rientra nel Livello 1, il 26% nel Livello 2, il 32% nel Livello 3, il 18% nel Livello 4 e il 15% nel Livello 5 (cattivo), da cui deriva che, rispetto alla concentrazione di fosforo totale, il 35% dei bacini idrografici regionali raggiunge l’obiettivo di qualità “buono”.

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