Emilia-Romagna
Acque superficiali
Quadro generale


Il monitoraggio delle acque superficiali in Emilia-Romagna è stato riprogettato a partire dal 2010, ai sensi della Direttiva 2000/60/CE (Water Framework Directive). Tale Direttiva è stata recepita dall’Italia con il DLgs 152/06, seguito da numerosi decreti attuativi tra cui il DM 260/10 che riporta i criteri tecnici per la classificazione dello stato dei corpi idrici.
Nel 2013 viene emanata una nuova Direttiva, a modifica della 2000/60/CE, a tema sostanze prioritarie, la 2013/39/CE, recepita in Italia, dopo due anni dall’emanazione con il DLgs 172/15, tale ritardo è stato oggetto, per il nostro paese, di procedura d’infrazione.
L’Art.1 della Direttiva chiarisce subito quali sono gli obiettivi che si vogliono raggiungere:
- prevenire l’ulteriore deterioramento, proteggere e migliorare lo stato degli ecosistemi acquatici e delle zone umide associate;
- promuovere un utilizzo sostenibile dell’acqua basato sulla protezione a lungo termine delle risorse idriche disponibili;
- assicurare la progressiva riduzione dell’inquinamento delle acque sotterranee e prevenire il loro ulteriore inquinamento;
- contribuire a mitigare gli effetti delle inondazioni e della siccità.
La Direttiva introduce due significativi cambiamenti riguardo la gestione degli ambienti acquatici:
1) la definizione di obiettivi ecologici per proteggere e risanare la struttura e la funzione degli ecosistemi acquatici e, di conseguenza, salvaguardare l’uso sostenibile delle risorse idriche, a differenza delle precedenti legislazioni europee che miravano a proteggere particolari usi dell’ambiente acquatico dagli effetti dell’inquinamento;
2) un nuovo modello per la gestione integrata delle acque sotterranee, fiumi, canali, laghi, bacini artificiali, acque di transizione e marino costiere, definiti ora come Distretti Idrografici.
Per ciascun distretto idrografico è prevista la predisposizione di un Piano di Gestione (PdG), cioè di uno strumento conoscitivo, strategico e operativo attraverso cui pianificare, attuare e monitorare le misure per la protezione, risanamento e miglioramento dei corpi idrici superficiali e sotterranei, favorendo il raggiungimento degli obiettivi ambientali previsti dalla Direttiva. Obbligo per i paesi membri era il raggiungimento, e il successivo mantenimento, al 2015 (data ora posticipata al 2027), per tutti i corpi idrici, dello stato “buono” e la garanzia del mantenimento dello stato “elevato” per i corpi Idrici già in possesso di questo stato.

I materiali elaborati per l’aggiornamento del quadro conoscitivo ad ogni ciclo di pianificazione (individuazione dei corpi idrici, analisi delle pressioni, risultati del monitoraggio pregresso) costituiscono parte integrante dei PdG e sono stati formalmente deliberati dalla Regione Emilia-Romagna, rispettivamente con DGR n.350/2010 (in riferimento a PdG 2010-2015), con DGR n. 1781/2015 e n. 2067/2015 (in riferimento a PdG 2015-2021) e con DGR 2293/2021 (in riferimento all’ultimo PdG 2021-2027).

La Direttiva Quadro apporta una profonda innovazione in ambito di controllo ambientale dei corsi d’acqua superficiali, valutandoli come ecosistemi, e individuando tutte le possibili alterazioni indotte dalle attività antropiche, attraverso lo studio della loro integrità ecologica considerata nelle sue componenti biologica, chimica e fisica. L’integrità biologica di un ecosistema è la sua capacità di sostenere una comunità biologica ricca e bilanciata in composizione e organizzazione funzionale, che presenti diversità e abbondanza, i principi cioè che la Direttiva richiede nella valutazione degli indici di qualità ricavati dallo studio delle comunità biologiche. Le comunità biologiche sono rappresentate da produttori, fitobentos fitoplancton e macrofite, e consumatori, come macroinvertebrati bentonici e popolazione ittica. Ognuna di queste comunità produce risposte a pressioni diverse.
Gli esiti dei monitoraggi biologici sono espressi attraverso un rapporto ricavato dal confronto tra i valori espressi dalle comunità presenti in ambienti inalterati (siti di riferimento) e quelli ricavati dall’ambiente in osservazione della stessa tipologia fluviale. La classificazione dello stato del corpo idrico è data dall’integrazione dello stato ecologico (monitoraggio biologico, parametri chimico-fisici e inquinanti specifici), con lo stato chimico derivante dalla presenza di sostanze prioritarie.
Per quanto riguarda le analisi dei parametri chimici, i protocolli analitici sono rivisti e aggiornati nel tempo in funzione della domanda normativa, della dimostrata presenza/assenza di specifici gruppi di sostanze e dello studio delle pressioni.
Il DM 260/2010, aggiornato dal DLgs 172/2015, che introduce nuovi microinquinanti, oltre alla matrice biota, prevede un ampio ventaglio di inquinanti, fitofarmaci e altri microinquinanti organici e inorganici, da monitorare con standard di qualità estremamente bassi, che richiedono, per garantire il rispetto delle prestazioni minime richieste, un'attività analitica molto complessa e onerosa.
Per ottimizzare, quindi, il monitoraggio chimico, sono stati condotti approfondimenti per valutare quali inquinanti chimici sia opportuno ricercare sul territorio regionale, a partire dalle informazioni disponibili in termini di dati di qualità pregressi e di analisi delle pressioni incidenti sul corpo idrico sotteso dalla stazione.
Analisi condotte a livello di bacino idrografico permettono di effettuare alcune considerazioni; ad esempio, se in chiusura di bacino montano non è stata riscontrata presenza di sostanze chimiche prioritarie, è ragionevole estendere il concetto ai corpi idrici afferenti al bacino sotteso dalla stazione, soprattutto se situati in contesti montani e/o poco antropizzati.
Pertanto, si è mantenuto un controllo capillare per gli inquinanti che possono dare luogo a inquinamento diffuso (fitofarmaci, metalli pesanti, composti organo alogenati, IPA), mentre per altri microinquinanti organici sono state condotte valutazioni costi/benefici, prendendo in esame pressioni possibili, casistica di impiego e impegno analitico; sono state quindi scelte specifiche stazioni di monitoraggio situate in chiusura di bacino e dei principali sottobacini, in particolare, ad esempio, per cloroalcani, difeniletere bromato (PBDE), nonil/ottil fenolo, cloroaniline, clorobenzeni, cloronitrotolueni e clorofenoli (sorgenti puntuali).
Già dopo il primo ciclo di monitoraggio, sulla base degli esiti dello stesso, è stato possibile rivedere i protocolli analitici e le frequenze di monitoraggio, con programmi sempre più mirati.
Anche per quanto riguarda i fitofarmaci, la scelta dei principi attivi da ricercare si basa sul potenziale rischio di contaminazione delle acque; la valutazione dei dati del monitoraggio, condotto in un arco di tempo significativo, può dare indicazioni riguardo alla maggiore o minore ricorrenza delle sostanze attive nelle acque e, unitamente all’analisi di altri indici, quali ad esempio l’indice di priorità e le caratteristiche fisico-chimiche della sostanza attiva, orientare la scelta del protocollo analitico da applicare.

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