Emilia-Romagna
Acque di transizione Concentrazione di azoto
Commento

Nella figura 1 si riportano, per ogni corpo idrico di transizione, le concentrazioni delle varie forme di azoto (N-NH3, N-NO2, N-NO3).
Nell'anno 2022, per la maggioranza dei corpi idrici di transizione, prevale generalmente l'N-NO3 (figura 1). In particolare, per quest'ultima forma di azoto, nel corpo idrico Sacca di Goro si osservano valori di 1.894 µg/l nella stazione SGOR1, nel campionamento di dicembre 2022.
Sempre in Sacca di Goro, nella stazione SGOR1 e sempre nel mese di dicembre, si sono registrate le più alte concentrazioni di N-NO2, con valori massimi di 82 µg/l. 
Nel corpo idrico Sacca di Goro, nella stazione SGOR1, si riscontrano concentrazioni significative anche di N-NH3, in concomitanza con le massime concentrazioni delle altre forme di azoto, con valori di 3.090 µg/l. La presenza dell’azoto ammoniacale, forma N-NH3, in alcuni casi anche in maniera prevalente rispetto alle altre forme di azoto, è spesso determinata da apporti provenienti dagli insediamenti civili o da eventuali eventi di anossia. 
L'azoto inorganico disciolto (DIN) deriva dalla somma delle 3 forme azotate disciolte (N-NH3, N-NO2, N-NO3) ed è uno degli elementi fisico-chimici a sostegno degli elementi di qualità biologica che concorre alla classificazione dello stato ecologico dei corpi idrici di transizione. Per questo elemento, il DM 260/10 definisce limiti di classe per 2 diverse classi di salinità: >30 psu - 253 µg/l; <30 psu - 420 µg/l.
Nella tabella 1 si riporta la valutazione del valore medio/anno del DIN rispetto al valore medio/anno di salinità per ciascun punto di campionamento. I valori medi di DIN che superano i limiti di classe, di cui al DM 260/10, sono riportati in rosso. Si riporta, inoltre, lo stato di qualità per il DIN, a livello sia di stazione, sia di corpo idrico.
Nel 2022 lo stato è “sufficiente” per la Sacca di Goro, mentre è “buono” per Valle Cantone, Valle Nuova, Lago delle Nazioni, Valli di Comacchio e Pialassa Baiona (figura 2).

NOME DELL'INDICATORE

Concentrazione di azoto

DPSIR

S

UNITÀ DI MISURA

Microgrammi/litro

FONTE

Arpae Emilia-Romagna

COPERTURA SPAZIALE DATI

Regione

COPERTURA TEMPORALE DATI

2022

LIVELLO DI DETTAGLIO GEOGRAFICO

Corpo idrico

AGGIORNAMENTO DATI

Trimestrale

RIFERIMENTI NORMATIVI

DLgs 152/06, DM 56/09, DM 260/10

AREE TEMATICHE INTERESSATE

METODI DI ELABORAZIONE DATI

 Valore medio/anno del DIN, valore medio/anno salinità

Altri metadati
Descrizione

Le fonti principali di azoto sono individuate nei comparti agricolo e zootecnico e, rispetto a quanto evidenziato per il fosforo, gli apporti più rilevanti derivano appunto da sorgenti diffuse, provenienti dai suoli coltivati.
I nutrienti azotati, analogamente ai fosfati, a seguito del dilavamento dei terreni determinato dalle precipitazioni atmosferiche, arrivano alle acque di transizione dai fiumi e porti canali. Anche le zone industrializzate e i centri abitati, sia prossimi al corpo idrico, sia afferenti alla rete idrica superficiale, possono rivestire notevole importanza come sorgenti di azoto in forma sia minerale, quali azoto nitrico (N-NO3), nitroso (N-NO2), ammoniacale (N-NH3), sia organica.
Le componenti azotate presentano una elevata variabilità stagionale, con le concentrazioni minori registrate nel periodo estivo in coincidenza con i minimi di portata dei fiumi; di conseguenza, l’andamento di questi parametri è in genere ben correlato con la salinità. L’azoto ammoniacale presenta anch’esso analogo andamento, ma risente, in alcuni casi in maniera evidente, anche di apporti provenienti dagli insediamenti caratterizzati da elevata densità di popolazione. Un ulteriore incremento dell’azoto ammoniacale si registra negli strati profondi nei periodi estivo-autunnali, in concomitanza di fenomeni ipossici/anossici dovuti ai processi di degradazione della sostanza organica (in questo caso le concentrazioni maggiori sono ben correlate a bassi valori di ossigeno disciolto) di prevalente origine fitoplanctonica e macroalgale.
Il DM 260/10 include il DIN (N-NO3 + N-NO2 + N-NH3) tra gli elementi di qualità fisico-chimici rilevati nella colonna d’acqua e stabilisce un limite di 420 µg/l per corpi idrici a salinità <30 psu e 253 µg/l per corpi idrici a salinità >30 psu.
Inoltre è da tenere in considerazione che i corpi idrici presenti sul territorio ferrarese ricadono in aree classificate come vulnerabili per i nitrati.

 

Scopo

Lo sviluppo dei fenomeni eutrofici è dipendente dagli apporti di nutrienti veicolati dai bacini. Conoscere quindi le concentrazioni di azoto permette di valutare e controllare il fenomeno eutrofico. Tale concetto assume una significativa rilevanza per le acque di transizione, soprattutto se si considerano i casi di eutrofia indotti da invasiva proliferazione di macroalghe nitrofile quali le Ulvaceae. Al fine di ridurre i fenomeni eutrofici, e quindi di migliorare lo stato qualitativo delle acque di transizione, è necessario rimuovere e controllare i carichi di nutrienti generati e liberati dai bacini, in modo da abbassare sostanzialmente le loro concentrazioni nelle acque di transizione: di azoto, oltre che di fosforo.
In generale, nelle acque di transizione emiliano-romagnole il fosforo è l’elemento chiave, che limita e controlla i fenomeni eutrofici, mentre l’azoto riveste un ruolo non limitante, ad eccezione di alcuni casi soprattutto nel periodo estivo. Il processo alla base di questa considerazione è legato al meccanismo secondo il quale il fitoplancton assume i nutrienti in soluzione, secondo lo stesso rapporto molare che questi elementi hanno all’interno della biomassa algale, cioè N/P elementare = 16, riferito al peso atomico N/P = 7,2. Se il rapporto N/P nell’acqua di transizione supera il valore di 7,2, si afferma che il fosforo è il fattore limitante della crescita algale. Deve comunque essere tenuto presente che la rimessa in circolo del fosforo da parte della biomassa algale è molto più celere di quella dell’azoto. Tale condizione può essere particolarmente esaltata nelle acque di transizione a seguito delle loro peculiarità fisiche, biologiche e idrodinamiche. Questo significa che gli interventi di risanamento per migliorare lo stato qualitativo delle acque di transizione devono prevedere la contemporanea riduzione degli apporti di fosforo e di azoto.