Lo sviluppo dei fenomeni eutrofici è dipendente dagli apporti di nutrienti veicolati dai bacini. Conoscere quindi le concentrazioni di azoto permette di valutare e controllare il fenomeno eutrofico. Tale concetto assume una significativa rilevanza per le acque di transizione, soprattutto se si considerano i casi di eutrofia indotti da invasiva proliferazione di macroalghe nitrofile quali le Ulvaceae. Al fine di ridurre i fenomeni eutrofici, e quindi di migliorare lo stato qualitativo delle acque di transizione, è necessario rimuovere e controllare i carichi di nutrienti generati e liberati dai bacini, in modo da abbassare sostanzialmente le loro concentrazioni nelle acque di transizione: di azoto, oltre che di fosforo.
In generale, nelle acque di transizione emiliano-romagnole il fosforo è l’elemento chiave, che limita e controlla i fenomeni eutrofici, mentre l’azoto riveste un ruolo non limitante, ad eccezione di alcuni casi soprattutto nel periodo estivo. Il processo alla base di questa considerazione è legato al meccanismo secondo il quale il fitoplancton assume i nutrienti in soluzione, secondo lo stesso rapporto molare che questi elementi hanno all’interno della biomassa algale, cioè N/P elementare = 16, riferito al peso atomico N/P = 7,2. Se il rapporto N/P nell’acqua di transizione supera il valore di 7,2, si afferma che il fosforo è il fattore limitante della crescita algale. Deve comunque essere tenuto presente che la rimessa in circolo del fosforo da parte della biomassa algale è molto più celere di quella dell’azoto. Tale condizione può essere particolarmente esaltata nelle acque di transizione a seguito delle loro peculiarità fisiche, biologiche e idrodinamiche. Questo significa che gli interventi di risanamento per migliorare lo stato qualitativo delle acque di transizione devono prevedere la contemporanea riduzione degli apporti di fosforo e di azoto.