Emilia-Romagna
Suolo Tessitura del suolo
Commento

La figura 1 illustra come si distribuiscono sul territorio regionale i suoli in base della classe tessiturale USDA, nello strato 0-30 cm. La classe più diffusa è la franca, seguita da franca argillosa, franca argillosa limosa e franca limosa. Queste classi assommano a quasi l’80% della superficie. Le classi sabbiosa e sabbiosa franca sono di fatto limitate solo all’ambiente costiero. Le classi tessiturali argillosa sabbiosa e limosa sono pochissimo presenti nella carta. Se si guarda però ai due ambienti pianura e Appennino si notano però delle differenze: in pianura vi è una maggiore variabilità tessiturale e le classi prevalenti sono la franca argillosa limosa, seguita da franco limosa, franco argillosa e franca. Queste classi assommano a quasi il 70% della superficie di pianura. Buona anche la presenza di suoli a tessitura fine: le classi argillosa limosa e argillosa sono quasi il 21% della superficie.
In Appennino la variabilità tessiturale si riduce in quanto le classi franco argillosa e franca insieme fanno quasi il 74% in percentuali relative, seguite a distanza dalla classe franco argillosa limosa. Tutto il resto ammonta ad appena il 13% (in termini relativi). Le classi sabbiose sono pochissimo rappresentate, con l’unica eccezione della classe franco sabbiosa (meno del 5%).
Si conferma quindi la scarsa presenza di suoli sabbiosi (poco più del 4%) in regione, mentre prevalgono le classi a tessitura media, sia in pianura che in collina. I suoli argillosi (circa 12%) sono prevalentemente presenti in pianura e nel basso Appennino. La distribuzione dell’argilla (figura 2) bene descrive i principali ambienti di cui si caratterizza la regione. Suoli con un contenuto di argilla <18% ed un elevato contenuto di sabbia caratterizzano in pianura gli ambienti costieri, la pianura deltizia del fiume Po e i dossi dei fiumi appenninici della Romagna; in Appennino sono presenti nelle zone di alta quota e in alcune parti del medio Appennino in suoli derivanti da rocce arenacee grossolane, dove è possibile ci possa essere una sottostima dei valori di sabbia (specialmente sui suoli sviluppatisi sulla formazione di Loiano).
Suoli con argilla <27% (41%) e un basso contenuto di sabbia in pianura sono diffusi su conoidi e terrazzi della pianura pedemontana e paleoconoidi del margine appenninico nel piacentino-parmense, conoidi e dossi dei fiumi appenninici e la pianura pedemontana centrale. In Appennino sono particolarmente diffusi nella zona del medio Appennino, soprattutto in Romagna, su suoli derivati dalla formazione della Marnosa-Arenacea, ma sono presenti anche nella zona centro occidentale su alcune formazioni della successione epiligure (es. Ranzano, Pantano, Cigarello).
I suoli con contenuto di argilla compreso fra il 27 e il 40% sono i più diffusi, rappresentando circa il 43% della superficie totale. Sono presenti in pianura nelle zone di transizione fra le valli e i dossi, nelle interconoidi della piana pedemontana e su superfici dissecate nel margine appenninico alto, ma sono anche presenti in tutta la fascia collinare su suoli derivati da formazioni geologiche plioceniche (argille grigio-azzurre), ma anche su suoli derivati da formazione del cosiddetto “caotico”.
I suoli con contenuto di argilla > 40% (12%) sono diffusi in pianura nelle ex-valli della pianura alluvionale, nelle aree più depresse della piana a meandri del Po, nella piana deltizia in aree di palude salmastra bonificate e lungo il margine appenninico. I valori più elevati di argilla si trovano in provincia di Reggio Emilia (es. Valli di Novellara), Modena (es. valli delle Partite a Nord di Massa Finalese) e Bologna (ad est di Crevalcore). In Appennino sono presenti soprattutto nella fascia collinare nel piacentino occidentale e collina riminese in primis, ma presenti anche nel resto della collina, in particolare su suoli derivati da formazione del cosiddetto “caotico”.
Il contenuto di sabbia (figura 3) nei suoli regionali è generalmente medio-basso, con valori molto elevati solo in ambito costiero. Altri ambienti di pianura in cui è possibile trovare suoli sabbiosi sono nella piana a meandri recente del fiume Po e sui dossi e le rotte dei fiumi romagnoli (a partire dal Reno). Nella pianura emiliana i suoli sabbiosi, con l’eccezione delle zone del Po, sono praticamente inesistenti. Si possono riscontrare sporadicamente sui terrazzi recenti a prevalente componente ghiaiosa e su alcune rotte dei fiumi appenninici. Anche in Appennino i suoli sabbiosi (per lo più franco-sabbiosi) non sono molto frequenti. Si riscontrano nelle zone di alta quota su rocce arenacee (formazioni del Macigno, Monte Modino, Gottero), in alcune parti del medio Appennino in suoli derivanti da rocce arenacee grossolane (Formazioni di Loiano, Arenarie di Anconella, membri più grossolani della Marnosa-Arenacea). Nel basso Appennino questi suoli si riscontrano su formazioni plioceniche più arenacee nel Bolognese (Monte Adone, Monte Rumici) e nel Piacentino (zona del Piacenziano).
I valori più frequenti di sabbia sono fra 18 e 45%, da qui la grande frequenza delle classi franche e franco-argillose.
Valori di sabbia < 18% si riscontrano in suoli collinari, sulle formazioni plioceniche e messiniane più argillose (argille grigio-azzurre, formazione a Colombacci) o su alcune formazioni epiliguri (Termina), talora anche nei suoli derivati dalle formazioni del Caotico.
Il contenuto di limo (figura 4) nei suoli della pianura è generalmente alto (>45%, mediamente oltre il 50%). Valori molto elevati (>60%) si riscontrano nel margine piacentino e parmense, nella pianura alluvionale recente dei fiumi emiliani (specialmente Taro, Stirone, Enza) ed, in modo più sporadico, sui dossi dei fiumi romagnoli. Bassi valori si riscontrano, ovviamente, nei suoli sabbiosi della costa e nelle valli alluvionali, con valori molto elevati di argilla (ad esempio nella bassa pianura reggiana nella zona di Novellara e a Nord di Bagnolo, nella zona a cavallo fra Campagnola Emilia e Novi di Modena, nelle Valli grandi Modenesi fra Mirandola e Bondeno, nel Bolognese a Est di Crevalcore).
In Appennino, invece, i valori di limo sono generalmente più bassi e si collocano con valori prossimi o di poco superiori al 50%, soprattutto nella fascia collinare in suoli derivati da formazioni geologiche plioceniche (argille grigio-azzurre), in Romagna sui membri più marnosi della formazione della Marnosa-Arenacea o nella parte centro-occidentale in suoli derivati da alcune formazioni della successione epiligure (Pantano, Cigarello, Termina). Nel resto dell’Appennino prevalgono valori <50%, soprattutto nel range 39-49%. Valori più bassi si trovano in suoli derivati da rocce arenacee.
L’elevato contenuto di limo influenza le proprietà idrauliche dei suoli, determinando valori mediamente più elevati di densità apparente rispetto ai valori riscontrati in letteratura (Ungaro, 2009).
Lo scheletro (figura 5) nei suoli della pianura emiliano-romagnola risulta generalmente non presente. Fanno eccezione le grandi conoidi dei fiumi appenninici, quali ad esempio Trebbia, Nure, Taro, Enza ed i terrazzi intra-appenninici più recenti, dove la ghiaia è presente sporadicamente in superficie.
Diverso invece è il discorso in Appennino, dove, specialmente nella parte centro-occidentale, lo scheletro in superficie risulta presente in quantità variabile fra il 5 e 35%. Valori >35% sono presenti soprattutto nelle zone a quote più alte e nei boschi. Data la scarsa quantità di dati disponibili nei boschi è molto probabile che in questi ambienti la quantità di scheletro sia stata sottostimata. Nei suoli agricoli, inoltre, va tenuto conto della diffusa pratica dello spietramento, per cui la presenza di scheletro superficiale effettiva è minore di quella potenziale. Vi sono poi suoli, specialmente in ambiente collinare, in cui la quantità di scheletro è bassa o assente per la natura del substrato litologico “tenero” che si altera facilmente (in particolare i suoli sulle formazioni plioceniche, messiniane ed epiliguri sui membri più marnosi). Sono poco scheletrici in superficie anche i suoli agricoli sulla formazione della Marnosa-Arenacea.

NOME DELL'INDICATORE

Tessitura del suolo

DPSIR

S

UNITÀ DI MISURA

Percentuale classe tessiturale

FONTE

Regione Emilia-Romagna

COPERTURA SPAZIALE DATI

Regione

COPERTURA TEMPORALE DATI

2023

LIVELLO DI DETTAGLIO GEOGRAFICO

Regione

AGGIORNAMENTO DATI

Decennale

RIFERIMENTI NORMATIVI

AREE TEMATICHE INTERESSATE

METODI DI ELABORAZIONE DATI

Statistica descrittiva; geostatistica

Altri metadati
Descrizione

Esiste una grande variabilità nelle dimensioni delle particelle minerali che compongono il suolo, da quelle più grossolane (con diametro di qualche centimetro) che formano lo scheletro, a quelle costituenti la terra fine, comprese tra il millimetro e qualche decimo di micron (millesimo di millimetro). La suddivisione delle particelle rispetto alla loro dimensione è effettuata secondo differenti sistemi di classificazione a livello internazionale. Il sistema di classificazione adottato dalla Regione per la suddivisione tra scheletro e terra fine e, ulteriormente, della terra fine in sabbia (da 2.000 μ a 50 μ), limo (da 50 μ a 2 μ) e argilla (<2 μ) è quello proposto dal Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti d’America (Soil Survey Division Staff, 1993).
La combinazione, in percentuali diverse, di scheletro, sabbia, limo e argilla definisce la tessitura del suolo. Anche questa proprietà del suolo è oggetto di specifica classificazione. Tra i diversi sistemi è stato adottato quello con dodici classi, come definito dal Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti d’America (Soil Survey Division Staff, 1993).
La tessitura influenza:
• la struttura e la porosità e quindi regola la circolazione dell'aria e dell'acqua, nonché la ritenzione da parte del suolo di quest'ultima;
• la capacità di scambio cationico (C.S.C.) e la quantità di ioni presenti nella soluzione circolante, disponibili per la nutrizione vegetale;
• la coesione, la durezza, la plasticità e l’adesività del suolo e, quindi, la sua lavorabilità e percorribilità.

Scopo

La conoscenza della tessitura e della granulometria dei suoli regionali consente di stimare proprietà complesse (es.: permeabilità, C.S.C., plasticità) in base a misure dirette necessariamente poco numerose, effettuate in suoli rappresentativi, e di adottare, conseguentemente, interventi di gestione adeguati agli obiettivi di produzione agricola, di tutela ambientale e sanitaria e di pianificazione territoriale.