I dati relativi ai prelievi da acque sotterranee vengono rappresentati distinguendoli per categoria d’uso: civile (acquedottistico), industriale, agricolo (irriguo), zootecnico e piscicoltura; inoltre, vengono presentati in forma aggregata, sia in base alle differenti tipologie di corpi idrici sotterranei sui quali gli stessi insistono, sia su base territoriale, con riferimento alla singola provincia.
La più recente stima sui prelievi di acque sotterranee in ambito regionale ammonta a circa 685 milioni di m3 ed è riportata nell’aggiornamento del Piano di Gestione del 2021, con dati medi annui riferibili, principalmente, al triennio 2016-2018.
I prelievi da acque sotterranee avvengono principalmente tramite pozzi nei corpi idrici sotterranei di pianura, liberi, confinati superiori e confinati inferiori, siano essi di conoide o di pianura. Spostandosi più a sud, in ambito montano collinare, all’interno dei depositi delle vallate appenniniche, i prelievi avvengono solitamente mediante pozzi di subalveo o, in un qualche caso, attraverso gallerie drenanti. Nei corpi idrici montani i prelievi avvengono generalmente da sorgenti ed, in qualche caso, usufruendo di pozzi, per meglio intercettare i flussi sotterranei.
Quasi la metà dei prelievi da acque sotterranee sono legati al settore acquedottistico (47% pari a circa 320 Mm3/anno), poco più di 1/3 sono quelli stimati per l’uso agricolo, mentre l’industria appare pesare per il 16% circa.
Più del 60% del totale dei volumi di acqua estratti in ambito regionale (427 Mm3/anno) è attribuibile ai corpi idrici di conoide (liberi, confinati superiori e inferiori); i prelievi avvengono attraverso pozzi che, in alcune situazioni, possono captare acque da due corpi idrici sovrapposti lungo la verticale. Circa il 23% (156 Mm3/anno) dei prelievi è attribuibile ai corpi idrici confinati della Pianura Appenninica e Padana. I corpi idrici freatici di pianura (presenti nei primi 10-15 m dal piano campagna) sono solo marginalmente sfruttati e quasi esclusivamente per l’irrigazione (circa 24 Mm3/anno).
I rimanenti prelievi, pari a poco più di 76 Mm3/anno, sono riferibili per metà ai corpi idrici montani, mentre l’altra metà risulta equamente suddivisa tra i depositi delle vallate appenniniche e le conoidi montane.
Analizzando i dati su base provinciale, a livello di volumi totali, sono preponderanti i quantitativi per le 5 province emiliane, da Piacenza a Bologna (82%), mentre, nelle altre 4, gli emungimenti risultano molto più contenuti, soprattutto grazie alle infrastrutture sovraprovinciali esistenti, con approvvigionamenti superficiali, connesse all’irrigazione (CER da Po), all’acquedottistica (Romagna Acque da Ridracoli), all’industria (Canaletta ANIC da Reno-Lamone/CER e acquedotto industriale dai bacini di Bubano con presa da Santerno). In particolare, le 3 province con le maggiori estrazioni sono, nell’ordine: Parma (prima nell’industriale), Piacenza (prima per l’agricolo) e Modena (prima per il settore civile).
Il quadro relativo ai prelievi di acque sotterranee, ricostruito a supporto del Piano di Gestione 2021, risulta confrontabile con quello realizzato per il ciclo precedente di gestione delle acque (2015), con dati mediamente riferibili all’anno 2010 e per un totale complessivo pari a 730 Mm3/anno.
Dal confronto emerge, relativamente all’ultimo periodo, un contenimento complessivo dei prelievi di acque sotterranee, pari al 6%, dovuto principalmente alla diminuzione dei prelievi industriali ed, in parte, di quelli acquedottistici. L’uso agricolo rimane pressoché stazionario.
Per i soli usi acquedottistici ed in relazione ai soli corpi idrici di pianura, è disponibile una serie storica di dati con scansione temporale più frequente (dati annui) e profondità temporale maggiore (dati dal 2003 al 2018). Nella serie sono ben riconoscibili le annualità a maggior prelievo, corrispondenti ad anni di particolare scarsità idrica.
Inoltre, viene evidenziata una fase di apprezzabile riduzione nel tempo (fino al 2010) dei volumi regionali complessivi, riferibile essenzialmente agli areali bolognesi e romagnoli. La diminuzione degli emungimenti idropotabili era connessa, soprattutto, alle importanti infrastrutture realizzate per l’approvvigionamento con acque superficiali (gli impianti sul Setta e quelli connessi a Ridracoli rendono disponibili circa 100 Mm3/anno di acqua potabilizzata); per il settore industriale la riduzione era legata anche a un progressivo declino delle attività produttive maggiormente idroesigenti, non agroalimentari; per il settore irriguo si valutava invece un leggero incremento.
I prelievi da acque sotterranee contribuiscono in misura pari al 30% al prelievo complessivo regionale, essendo il 70% soddisfatto da fonte superficiale. Escludendo dalla proporzione il contributo del Fiume Po per il settore irriguo, l’incidenza regionale degli emungimenti da acque sotterranee rispetto alle richieste complessive supererebbe il 60%.
NOME DELL'INDICATORE
Prelievi dai corpi idrici sotterraneiDPSIR
PUNITÀ DI MISURA
Metri cubiFONTE
Arpae Emilia-Romagna, Regione Emilia-RomagnaCOPERTURA SPAZIALE DATI
RegioneCOPERTURA TEMPORALE DATI
2003-2018LIVELLO DI DETTAGLIO GEOGRAFICO
Provincia, tipologia corpo idricoAGGIORNAMENTO DATI
Uso acquedottistico annuale, altri usi sessennaleRIFERIMENTI NORMATIVI
Direttiva 2000/60/CE; DLgs 152/2006
AREE TEMATICHE INTERESSATE
I prelievi idrici sono una necessità assoluta per i diversi settori di approvvigionamento: l’acquedottistico per il consumo umano e per gli usi igienico sanitari, l’irriguo per le necessità tardo primaverili – estive di molte colture; lo zootecnico per il consumo animale e per la pulizia degli alloggiamenti, l’industriale per molti processi che non potrebbero avvenire senza l’impiego di acqua. Parte di questi impieghi presentano soltanto restituzioni minimali ai corpi idrici superficiali, in particolare quelli irrigui e zootecnici; gli altri determinano una percentuale diversa di restituzione al reticolo idrografico a seconda dei settori (elevata per l’acquedottistico, molto differenziata per i diversi usi industriali, minimale per l’irriguo); si tratta però di acque con caratteristiche qualitative notevolmente peggiori rispetto al prelevato, sia in termini di nutrienti che di altre sostanze inquinanti.
La quantificazione dei prelievi, per ciascun ambito considerato, evidenzia il grado di sfruttamento della risorsa idrica naturalmente presente nei diversi acquiferi.