Emilia-Romagna
Torna indietro
Strutture sismogeniche
Commento


L’Appennino è una catena giovane, ancora in formazione. In quasi tutta la penisola la sismicità ha origine da sorgenti sismogeniche (faglie) locali.
La figura 1 illustra, per l’Appennino tosco-emiliano-romagnolo e la Pianura Padana centrale e orientale, il confronto tra le zone in grado di generare terremoti[1] di magnitudo almeno pari a 5,5 (DISS Working Group, 2015) e le principali faglie attive riconosciute (Martelli et al., 2017a).
Faglie attive potenzialmente sismogeniche capaci di generare forti terremoti in Emilia-Romagna sono localizzate nel basamento del medio e alto Appennino, lungo il margine appenninico-padano e in corrispondenza degli archi formati dalle strutture sepolte della pianura padana (Pieghe Emiliane, Pieghe Ferraresi e Pieghe Adriatiche).
I dati strumentali, relativi ai terremoti dal 1981 in avanti (vedi catalogo ISIDe, INGV; ISIDe Working Group, 2015), indicano che i terremoti emiliano-romagnoli hanno origine per lo più a profondità comprese tra 35 e 5 km (figura 2); i terremoti più profondi si concentrano soprattutto nella zona del margine appenninico-padano e del basso e medio Appennino. In una stessa area i terremoti si possono generare a diverse profondità e con diverse modalità; ad esempio nell’Appennino romagnolo i dati indicano che le strutture sismogeniche a maggiori profondità generalmente si muovono con meccanismi di tipo compressivo mentre le strutture sismogeniche meno profonde generalmente si muovono con meccanismi di tipo estensionale.

 

 

 

[1] Una zona al cui interno sono presenti faglie che possono generare terremoti è detta zona sismogenica.