I prelievi idrici sono una necessità assoluta per i diversi settori di approvvigionamento: il civile, per il consumo umano e gli usi igienico sanitari; l’agricolo, per le necessità irrigue tardo primaverili – estive di molte colture; lo zootecnico, per il consumo animale e per la pulizia degli alloggiamenti; l’industriale, per molti processi che non potrebbero avvenire senza l’impiego di acqua; l’ittico, per la vita stessa delle specie allevate.
Parte di questi impieghi presentano soltanto restituzioni minimali ai corpi idrici superficiali, in particolare quelli agricoli irrigui e quelli zootecnici; gli altri determinano una percentuale diversa di restituzione a seconda dei settori (elevata per il civile e l’ittico, molto differenziata per i diversi usi industriali); si tratta però di acque con caratteri qualitativi notevolmente peggiori rispetto al prelevato e restituite in posizioni diverse rispetto al punto di captazione.
L’uso idroelettrico è considerato a parte, risultando conservativo sia in termini quantitativi che qualitativi, anche se per gli impianti maggiori, la restituzione avviene molto a valle rispetto al prelievo e spesso su aste diverse.
I prelievi appenninici, soprattutto quelli del periodo estivo, andando a sovrapporsi ai ridotti deflussi naturali legati alla torrentizialità delle aste, sfavorita anche dal cambiamento climatico in atto, determinano effetti negativi in alveo legati a un rallentamento dei processi naturali di biodepurazione e a una minore compatibilità rispetto alle specie animali e vegetali dell’alveo e delle sponde.