L’analisi della pericolosità sismica di base produce solitamente una stima del moto sismico atteso su suolo di riferimento, ovvero su suolo rigido e pianeggiante. I terreni superficiali poco consolidati, come ad esempio i depositi alluvionali e costieri recenti, le coltri detritiche di versante, e particolari forme del territorio, quali creste, cocuzzoli, versanti acclivi e dorsali, possono produrre “effetti locali”, ovvero modificare la frequenza, l’ampiezza e la durata del moto sismico in superficie, amplificandone gli effetti, e contribuire a innescare o riattivare fenomeni di instabilità, quali frane, liquefazione, densificazione, fagliazione.
L’amplificazione è un fenomeno temporaneo, che termina quando cessa il terremoto, mentre gli effetti di instabilità sismoindotti producono modifiche permanenti del territorio (rotture del terreno, cedimenti e spostamenti).
Una stima realistica della pericolosità sismica di un’area deve quindi valutare lo scuotimento in superficie, quale risultato della pericolosità sismica di base incrementata dell’amplificazione data dalle condizioni litostratigrafiche e morfologiche. La procedura di calcolo del moto sismico in superficie è detta analisi della risposta sismica locale e il risultato finale è generalmente espresso in termini di grafici rappresentativi degli scuotimenti attesi in superficie in termini di accelerazione, velocità o spostamenti (i cosiddetti "spettri di risposta elastici").
La Pericolosità sismica locale (Pl) descrive, quindi, le condizioni geologiche e morfologiche che possono modificare il moto sismico in superficie.