In Emilia-Romagna i terremoti, soprattutto quelli più forti (indicativamente quelli di magnitudo maggiore di 5,5), si concentrano lungo il crinale appenninico, lungo il margine appenninico-padano e in alcuni settori della pianura, nel cui sottosuolo sono presenti dorsali sepolte ma attive. Queste sono il settore orientale delle Pieghe Emiliane e tutta la dorsale delle Pieghe Ferraresi (figura 1). Eventi sismici di magnitudo almeno uguale a 6 sono pressoché presenti solo in catena.
Le strutture tettoniche ritenute potenzialmente responsabili della sismicità dell’Emilia-Romagna e aree limitrofe sono descritte nel “Database of Individual Seismogenic Sources” (DISS Working Group, 2015) e nella “Carta sismotettonica della Regione Emilia-Romagna e aree limitrofe” (Martelli et al., 2017a) (figura 2).
Generalmente la pericolosità sismica di base è quantificata come probabilità che nell’area considerata si verifichi un terremoto che superi una certa soglia di intensità, magnitudo o accelerazione, in un certo intervallo di tempo; l’entità della pericolosità sismica dipende quindi dal tempo di ritorno (TR) considerato[1].
Per studi finalizzati alla definizione dell’azione sismica per la pianificazione urbanistica e per la progettazione di costruzioni ordinarie, il periodo di ritorno (TR) considerato è solitamente 475 anni, equivalente ad una probabilità di eccedenza del 10% in 50 anni. Per progetti di opere di particolare importanza e/o interesse pubblico le norme tecniche per le costruzioni richiedono che l’azione sismica per il dimensionamento degli interventi sia stimata considerando un periodo di ritorno maggiore; aumentare il periodo di ritorno, ovvero ridurre la probabilità di eccedenza, equivale a considerare un terremoto più gravoso.
In figura 1 è mostrato uno stralcio per l’Emilia-Romagna e aree limitrofe della mappa della pericolosità sismica di base, per TR=475 anni, elaborata nel 2004 dall’INGV (MPS04). Tale mappa rappresenta il valore dell’accelerazione di picco attesa su suolo di riferimento, ovvero su suolo rigido e pianeggiante, ed è l’attuale riferimento ufficiale per analisi della pericolosità sismica ai fini della progettazione (OPCM 3519/2006). Nel 2015 INGV ha avviato la revisione e aggiornamento di tale mappa.
Recentemente è stata proposta una nuova cartografia di pericolosità sismica di base per l’Appennino settentrionale e aree limitrofe (Martelli et al., 2017b), calcolata sulla base dei recenti cataloghi dei terremoti pubblicati da INGV (http://istituto.ingv.it/l-ingv/archivi-e-banche-dati), di nuove leggi di attenuazione pubblicate da vari Autori, di una zonazione sismogenica maggiormente vincolata alle caratteristiche sismotettoniche regionali e un modello 3D delle potenziali sorgenti sismiche; in figura 2 è illustrato uno stralcio per l’Emilia-Romagna e aree limitrofe.
[1] Tempo di ritorno: tempo medio di attesa tra il verificarsi di due eventi successivi