L’indicatore, che fornisce la stima della concentrazione media di radon (Rn-222) in aria nelle abitazioni, rappresenta un parametro di base per la valutazione del rischio/impatto sulla popolazione dovuto alla radioattività naturale.
Nell’agosto 2020 è entrato in vigore il DLgs 101/2020 e s.m.i., di attuazione della Direttiva 2013/59/Euratom del Consiglio europeo, il quale introduce importanti novità in materia di esposizione al radon rispetto al quadro normativo previgente dettato dal DLgs 230/1995 e successive modifiche, principalmente contenuti all’interno del Capo I del Titolo IV “Sorgenti naturali di radiazioni ionizzanti” del suddetto decreto legislativo.
Il nuovo quadro normativo include, per la prima volta, le abitazioni e prevede un nuovo e importante strumento gestionale, rappresentato dal Piano nazionale d’azione per il radon, art 10, nell’ambito del quale devono essere individuate:
- le strategie, i criteri e le modalità di intervento per prevenire e ridurre i rischi di lungo termine dovuti all’esposizione al radon, anche nelle abitazioni;
- le “aree prioritarie”, art 11, in cui si stima che la concentrazione media annua di attività di radon in aria superi il livello di riferimento in un numero significativo di edifici (pari o superiore al 15%), attribuendo alle Regioni e Province autonome la responsabilità della loro individuazione.
Dal 18/01/2023 sono entrate in vigore le modifiche del DLgs 101/2020, in particolar modo si cita l’art. 12. Livelli di riferimento radon (Direttiva 2013/59/Euratom, articolo 7, articolo 54,comma 1, 74, comma 1; decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, allegato I-bis, punto4 lettera a)).
Tale articolo modifica i livelli massimi di riferimento, in termini di valore medio annuo della concentrazione di attività di radon in aria, che sono fissati pari a 300 Bq/m3 per i luoghi di lavoro e per le abitazioni costruite prima del 31 dicembre 2024; mentre per le abitazioni costruite dopo tale data, il livello è pari a 200 Bq/m3.
Nel 2023 non erano ancora stati definiti i criteri con cui definire tali aree e le indicazioni sulle metodologie per la loro individuazione; in Emilia-Romagna, come in altre regioni italiane, sono stati effettuati studi finalizzati all’individuazione delle “aree prioritarie”.
I dati attualmente disponibili (e ancora validi per le caratteristiche del fenomeno) sono ricavati da tre indagini realizzate da Arpae: l’indagine nazionale radon indoor promossa dall’Apat (oggi ISIN) e dall’ISS, partita, in Emilia-Romagna, negli anni 1989-1990 su un campione rappresentativo di 371 abitazioni distribuite in 15 comuni della regione, l’indagine regionale nelle scuole materne e asili nido, promossa in collaborazione con l’Assessorato sanità regionale e realizzata negli anni 1993-1995 in 604 strutture scolastiche ubicate in 239 comuni della regione e la campagna, promossa sempre dall’Assessorato sanità regionale, in 136 abitazioni individuate in corrispondenza di particolari aree territoriali (punti di emanazione gassosa/ faglie affioranti), conclusasi nel settembre 2011.