La valutazione dell’erosione costiera del litorale regionale viene effettuata tramite l’utilizzo di indicatori che oltre a tenere in considerazione i cambiamenti morfologici e della posizione della linea di riva, tengono conto anche dei ripascimenti, dei prelievi di sabbia dalle spiagge, della presenza e dello stato delle opere rigide di difesa e della subsidenza (indicatori ASPE e ASE).
Lo stato del litorale emiliano-romagnolo al 2018 rispetto al 2012, a valle degli interventi di difesa realizzati dalla Regione e dagli Enti Locali nel periodo 2012-2018, risulta, in base all’indicatore ASE, per il 36% (41.735 m) in accumulo di sedimento, per il 46% (54.245 m) stabile e per il restante 18% (21.340 m) in erosione. Questa complessiva situazione positiva è dovuta a una buona gestione del litorale e, in particolare, a una serie di interventi di ripascimento realizzati dalla Regione e dagli Enti Locali, con i quali sono stati apportati sulle spiagge in erosione oltre 3,25 milioni di m3 di sabbia. Grazie a questi interventi, le spiagge del litorale da Cattolica al Porto di Ravenna sono in accumulo o rimaste stabili, a eccezione dell’area tra la foce del Bevano e Fiumi Uniti che è risultata in erosione. Dal Porto di Ravenna alla foce del Po di Volano il litorale ha subito, complessivamente, una perdita di sedimento, così come anche per lo Scanno di Goro.
In assenza degli interventi di ripascimento realizzati dalla Regione e dai Comuni, con i cui sono stati apportati, da fonti esterne al sistema spiaggia o da aree litoranee in accumulo, oltre 3 milioni di m3 di sabbia, lo stato del litorale al 2018 rispetto al 2012, in base all’indicatore ASPE, sarebbe risultato per il 33% in accumulo (38.750 m), per soli 20% stabili (23.710 m) e per ben 47% (54.855 m) in condizioni critiche, ovvero in erosione o in equilibrio precario.
Nonostante le politiche di difesa adottate dalla Regione abbiano dimostrato di essere ben indirizzate, i dati dimostrano che la situazione erosiva è destinata a perdurare finché i fiumi continueranno ad avere una scarsa portata solida.
È evidente quindi che in futuro saranno necessari sempre più interventi di ripascimento, per cui sarà indispensabile, oltre a sfruttare in maniera razionale e strategica le varie fonti di sabbia, anche investire sulla sperimentazione di tecnologie di difesa innovative.
Ulteriori valutazioni, sulla propensione della costa ai fenomeni di erosione costiera si basano sull'elaborazione di un indicatore di suscettibilità all’erosione costiera (SI_e), che esprime la combinazione di variabili morfologiche, evolutive e di pressione antropica. Secondo tale approccio, che evidenzia i settori di costa in cui il fenomeno dell’erosione può diventare problematico per i beni naturali o antropici retrostanti, risulta che, al 2014, circa il 36% della costa presenta una elevata suscettibilità ai fenomeni di erosione costiera, il 25% una suscettibilità media e il restante 39% una bassa suscettibilità.
Per la valutazione della pericolosità al fenomeno dell’inondazione marina, ottemperando a quanto previsto dal DLgs 49/2010, è stata prodotta una cartografia delle aree potenzialmente allagabili per effetto di mareggiate frequenti (scenario P3, con Tempo di ritorno Tr =10 anni), poco frequenti (scenario P2, con Tempo di ritorno Tr =100 anni), e rare (scenario P1, con Tempo di ritorno Tr >100 anni). Le mappe sono state elaborate nel 2013 (I° ciclo di attuazione della direttiva) e aggiornate nel 2019.
L’elaborazione si basa su un approccio speditivo, in ambiente GIS, che consiste in un modello di propagazione dell’onda, denominato inCoastflood. Il modello utilizza come dati di input i modelli altimetrici della costa ad alta risoluzione (DTM-Lidar) e gli scenari di mareggiata che combinano parametri di onda e marea (nelle due componenti astronomica e atmosferica). Dalle mappe, pubblicate nel 2013, risultano a rischio di allagamento per i diversi scenari circa 18,6 km2 (P3), circa 31,4 km2 (P2) e circa 78,7 km2 (P1). I dati aggiornati al 2019 evidenziano un lieve miglioramento dei dati relativi agli scenari P3 e P2, forse in parte dettato dalla maggiore risoluzione del modello altimetrico utilizzato nell’analisi. Le tre superfici risultano così caratterizzate: P3: 15,1 km2; P2= 30 km2; P1= 78,8 km2.