Emilia-Romagna
Acque sotterranee
Quadro generale


Il monitoraggio delle acque sotterranee in Emilia-Romagna, avviato nel 1976 per la componente quantitativa e nel 1987 per quella qualitativa, è stato adeguato dal 2010 alle direttive europee 2000/60/CE 2006/118/CE, che prevedono come obiettivo ambientale per i corpi idrici sotterranei il raggiungimento dello stato “buono”, che si compone di uno stato quantitativo e di uno stato chimico. In Italia le direttive sono state recepite dal DLgs 30/2009, che ha contestualmente modificato il Testo Unico ambientale (DLgs 152/2006). In merito ai valori di fondo è intervenuta la Direttiva 2014/80/UE che ha sollecitato gli Stati Membri a procedere nella individuazione delle concentrazioni di fondo naturale al fine di classificare correttamente lo stato chimico dei corpi idrici sotterranei per le sostanze chimiche che naturalmente presentano valori superiori ai valori soglia tabellari definiti dagli stessi Stati Membri. Il D.M. Ambiente 6/7/2016 ha recepito la Direttiva 2014/80/EU modificando contenstualmente la tabella dei valori soglia inserendo ulteriori sostanze chimiche per la valutazione dello stato chimico, come ad esempio le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS), e ha modificato alcuni limiti per alcune sostanze clorurate e loro sommatoria (tricloroetilene e tetracloroetilene). 
L’applicazione dei nuovi criteri normativi ha modificato, a partire dal 2010, il sistema di monitoraggio delle acque sotterranee in Emilia-Romagna, che fino al 2009 veniva svolto ai sensi del DLgs 152/1999, portando a una nuova individuazione dei corpi idrici sotterranei e alla modifica dei criteri per la definizione dello stato chimico e dello stato quantitativo, riferiti a ciascun corpo idrico o raggruppamento degli stessi.
Criteri importanti nella definizione dei corpi idrici, oltre le caratteristiche geologiche (complessi idrogeologici, mezzi porosi o fessurati) e idrogeologiche (acquiferi liberi e confinati), sono le pressioni antropiche che insistono sulle acque sotterranee e i relativi impatti, la cui entità può o meno determinare il raggiungimento degli obiettivi di buono stato, sia chimico che quantitativo, dei corpi idrici medesimi. A questo proposito occorre ricordare che i corpi idrici sotterranei sono in generale caratterizzati da un’elevata resilienza, dove le modifiche di stato o l'inversione delle tendenze significative e durature all’aumento delle concentrazioni di inquinanti avvengono lentamente, e ciò viene evidenziato al punto 28 delle premesse alla Direttiva 2000/60/CE: “…per garantire un buono stato delle acque sotterranee è necessario un intervento tempestivo e una programmazione stabile sul lungo periodo delle misure di protezione, visti i tempi necessari per la formazione e il ricambio naturali di tali acque. Nel calendario delle misure adottate per conseguire un buono stato delle acque sotterranee e invertire le tendenze significative e durature all’aumento della concentrazione delle sostanze inquinanti nelle acque sotterranee è opportuno tener conto di tali tempi.”
Con Delibera di Giunta Regionale 350/2010, la Regione Emilia-Romagna ha approvato i nuovi corpi idrici sotterranei del primo Piano di Gestione dei Distretti Idrografici (PdG) che ricadono nel territorio regionale (Padano, Appennino Settentrionale e Appennino centrale), la rete e il programma di monitoraggio ambientale degli stessi dal 2010 al 2015. Fino al 2009 i corpi idrici sotterranei individuati erano limitati alla porzione di pianura profonda del territorio regionale, mentre dal 2010 sono stati individuati e monitorati complessivamente 145 corpi idrici sotterranei, tra i quali: montani, freatici di pianura (acquiferi nei primi 10 m di profondità), e quelli della pianura profonda, distinti come corpi idrici sovrapposti con la profondità (confinati superiori e confinati inferiori), al fine di tenere conto delle pressioni antropiche e delle caratteristiche idrogeologiche del sottosuolo regionale. La rete di monitoraggio è stata quindi estesa, oltre che agli acquiferi profondi di pianura (conoidi e piane alluvionali), a quelli freatici di pianura e a quelli montani, attraverso il monitoraggio di sorgenti significative. Il nuovo monitoraggio, oltre a coprire l’intero territorio regionale, è in grado di distinguere lo stato chimico e quantitativo dei corpi idrici sotterranei in funzione della profondità, con la quale sono stati individuati acquiferi progressivamente meno vulnerabili alle pressioni antropiche, sia di tipo chimico, sia di tipo quantitativo. Il programma di monitoraggio prevede frequenze differenziate: semestrale – primavera e autunno – con periodicità annuale, ridotta a periodicità biennale per le acque sotterranee profonde di pianura, dove si ha una buona conoscenza pregressa dello stato chimico, e periodicità triennale per le sorgenti montane, dove le pressioni antropiche sono molto ridotte. Le frequenze e periodicità sono funzione del rischio di non raggiungere gli obiettivi ambientali di stato “buono”, che identifica un monitoraggio chimico di sorveglianza e uno operativo, della vulnerabilità alle pressioni antropiche e della tipologia di flusso delle acque sotterranee che determina i tempi di rinnovamento della risorsa. Le frequenze di monitoraggio e le sostanze periodicamente ricercate nelle acque sono state definite sulla base delle stime dei carichi inquinanti originati da fonti sia puntuali, sia diffuse, permettendo in questo modo di valutare l'entità della pressione antropica che grava su ogni corpo idrico e poter condurre un monitoraggio mirato e finalizzato alla individuazione di adeguate misure di contenimento. Il peggioramento dello stato chimico delle acque sotterranee dipende dalla vulnerabilità degli acquiferi, che è maggiore nell'alta pianura, dove l'acquifero è libero e dove avviene la ricarica degli acquiferi profondi, rispetto alla medio-bassa pianura, dove l'acquifero è progressivamente confinato e dove avvengono processi evolutivi prevalentemente naturali delle acque di infiltrazione.
Nel corso dell'anno 2015 è stato aggiornato il quadro conoscitivo ambientale, è stata effettuata, in accordo con la Regione Emilia-Romagna e con le Autorità di Distretto Idrografico competenti, una revisione dei  limiti e accorpamenti dei corpi idrici sotterranei, passando da 145 corpi idrici a 135 a seguito delle evidenze del monitoraggio effettuato. Sono state inoltre aggiornate le reti di monitoraggio al fine di contribuire, in stretto coordinamento con le Autorità di Distretto Idrografico competenti, alla redazione del secondo PdG che ha validità 2015-2021. I materiali prodotti, formalmente deliberati con Delibere di Giunta Regionale n. 1781 e n. 2067 del 2015, comprendono: il quadro conoscitivo ambientale aggiornato, lo stato dei nuovi corpi idrici aggiornato al 2013, lo stato di rischio di non raggiungimento degli obiettivi di qualità e le misure di risanamento utili al miglioramento, misure da attuare nel sessennio 2015-2021. Nel secondo PdG del Distretto Padano, che con Legge n. 221 del 28 dicembre 2015 è stato modificato l'assetto territoriale per i Distretti idrografici, che ha portato il territorio dell'Emilia-Romagna a ricadere interamente nel Distretto Padano, sono stati sfasati e anticipati di due anni i periodi di monitoraggio rispetto ai cicli di gestione dei PdG. Ciò al fine di permettere l'elaborazione del terzo PdG con un sessennio di monitoraggio definito nel periodo 2014-2019. Nel corso del 2020 e 2021 sono stati aggiornati i documenti relativi alle pressioni e impatti antropici sui corpi idrici sotterranei, è stato valutato lo stato dei corpi idrici nel periodo 2014-2019 e il relativo rischio di non raggiungimento dello stato buono come contributo per il terzo ciclo di Pianificazione di Distretto Idrografico valido per il periodo 2021-2027, come da Delibera di Giunta della Regione Emilia-Romagna 2293/2021.
Per una corretta valutazione dello stato chimico dei corpi idrici sotterranei è necessario definire i valori di fondo naturale quando sono superiori ai valori soglia individuati dalla normativa per la valutazione dello stato chimico. Diverse sono infatti le sostanze indesiderate o inquinanti presenti nelle acque sotterranee che possono compromettere gli usi pregiati della risorsa idrica, come ad esempio quello potabile, ma non per questo tutte le sostanze indesiderate sono sempre di origine antropica. Esistono, infatti, molte sostanze ed elementi chimici che si trovano naturalmente negli acquiferi, la cui origine geologica non può essere considerata causa di impatti antropici sulla risorsa idrica sotterranea. Ad esempio, in acquiferi profondi e confinati di pianura si possono naturalmente riscontrare metalli come ferro, manganese, arsenico, oppure altre sostanze tra le quali lo ione ammonio, anche in concentrazioni molto elevate, per effetto della degradazione anaerobica della sostanza organica sepolta (torbe). In questi contesti, anche la presenza di cloruri (salinizzazione delle acque) può essere riconducibile alla presenza di acque “fossili” di origine marina. Anche i metalli come il cromo esavalente possono essere di origine naturale in contesti geologici di metamorfismo sia nella zona alpina che appenninica, oppure nelle zone dove sono presenti le ofioliti (pietre verdi). Pertanto, una corretta definizione dei valori di fondo naturale di queste sostanze è stata fondamentale per una corretta individuazione degli impatti antropici e delle corrette azioni da intraprendere per ripristinare la qualità delle acque sotterranee fino alle situazioni naturalmente presenti negli acquiferi (Delibera di Giunta Regionale dell’Emilia-Romagna n. 2293/2021). Al contrario, è indicativa di impatto antropico di tipo chimico sui corpi idrici sotterranei, quindi non riconducibile a contributi di origine naturale, la presenza di fitofarmaci usati prevalentemente in agricoltura, microinquinanti organici e sostanze clorurate utilizzate prevalentemente in attività industriali, nitrati con concentrazioni medio-alte, derivanti dall’uso di fertilizzanti chimici in agricoltura o dall’utilizzo di reflui zootecnici, cloruri derivanti da intrusione salina.
Lo stato quantitativo dei corpi idrici sotterranei deriva dalle misure di livello delle falde, che rappresenta la sommatoria nel tempo degli effetti antropici e naturali sul sistema idrico sotterraneo in termini quantitativi, ovvero prelievo di acque e ricarica naturale delle falde medesime. Se i prelievi non vengono correttamente commisurati nel tempo alle portate di acqua che naturalmente, grazie alle precipitazioni, ricaricano la falda stessa, non sono sostenibili nel lungo termine, e portano al peggioramento dello stato quantitativo dei corpi idrici, che viene evidenziato da un abbassamento della piezometria nel tempo. Ciò può essere causa di criticità ambientali dovute al sovrasfruttamento, con conseguente abbassamento delle falde e possibile innesco/aumento della subsidenza, che consiste nell’abbassamento della superficie topografica oltre le velocità naturali. Il monitoraggio quantitativo manuale, effettuato con frequenza semestrale, viene integrato da un monitoraggio ad alta frequenza – orario – tramite strumentazione automatica installata su circa 38 stazioni (rete automatica della piezometria), al fine di avere informazioni di dettaglio sulle oscillazioni di livello delle falde e ottenere informazioni in tempo reale anche nei periodi dell’anno critici per la siccità, in genere quello estivo e tardo autunnale.

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