La regione Emilia-Romagna possiede una vasta area coperta da zone umide, che sono caratterizzate da una elevata variabilità ambientale e biologica e sono sia di origine naturale, che artificiale (lagune vive, laghi salmastri, meandri e foci fluviali, casse di espansione, invasi di ritenuta, cave di inerti dismessi, canali e saline).
Gli ambienti di transizione della regione Emilia-Romagna sono Siti di Importanza Comunitaria (SIC) designati ai sensi della Direttiva 92/43/CEE “Habitat” e successivamente diventati Zone Speciali di Conservazione (ZSC), sono Zone di Protezione Speciale (ZPS) per l’avifauna, previste dalla Direttiva 2009/147/CE “Uccelli” che ha sostituito la storica Direttiva 79/409/CEE e zone umide di interesse internazionale istituite dalla “Convenzione sulle Zone Umide di importanza internazionale” sottoscritta nel 1971 a Ramsar (Iran), facendo particolare riferimento agli habitat degli uccelli acquatici.
Inoltre, per valorizzare e tutelare quest'area la Regione Emilia-Romagna ha istituito il Parco Regionale del Delta del Po dell'estensione complessiva di circa 58.000 ettari. Le zone umide del Parco Regionale rappresentano il settore meridionale del grande sistema di zone umide che caratterizza l’Adriatico settentrionale, dal Friuli fino a Cervia, e costituisce un unico complesso ecologico, come dimostrato dalla presenza di endemismi comuni, dall'esistenza di associazioni vegetali che caratterizzano l’intero sistema e dagli ampi spostamenti delle popolazioni di uccelli. Le zone umide comprese tra la Sacca di Goro e le Valli di Comacchio devono la loro origine all’ampio sistema deltizio del fiume Po. L’equilibrio idrogeologico dell’area è fortemente influenzato dalle attività svolte dall’uomo (per esempio dall’attività agricola e di pesca) e, a oggi, tutte le zone umide della regione sono soggette a regimi idrici artificiali, finalizzati a diversi scopi.
L’agricoltura è oggi la principale attività produttiva praticata nelle aree circostanti le acque di transizione; a seguire troviamo l’acquacoltura, la pesca, le attività industriali e il turismo.
L'agricoltura condiziona fortemente lo stato di conservazione di tali ambienti, influenzando negativamente sia la qualità (eutrofizzazione da fertilizzanti e reflui zootecnici, inquinamento da pesticidi), sia la quantità delle acque (utilizzo a scopo irriguo).
L'acquacoltura ha un elevato impatto sulla qualità delle acque per l'immissione in acqua di mangimi e medicinali (antibiotici) e, per quanto riguarda la biodiversità, impatta a causa dell’introduzione di specie alloctone allevate o contenute nei mangimi; la molluschicoltura, oltre a necessitare di ambienti con opportuni ricambi idrici per evitare fenomeni di anossia dei fondali, deve essere condotta con pratiche adeguate al fine di non alterare lo stato ambientale.
Le attività industriali sono prevalentemente presenti nell’area ravennate, numericamente limitate, ma di elevato impatto soprattutto presso il porto industriale e polo chimico di Ravenna.
Il turismo ha creato nel passato profonde modificazioni territoriali, con la distruzione pressoché totale dei principali sistemi dunosi costieri. Attualmente si stanno sviluppando attività turistiche di carattere naturalistico, didattico-educative.
In dettaglio la rete di monitoraggio e i corpi idrici di transizione nei seguenti box:
- BOX 1 Implementazione della Direttiva 2000/60/CE alle acque di transizione
- BOX 2 I corpi idrici di transizione